Molti commentatori del decreto Bersani, all'indomani della sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, hanno lodato - in modo talvolta sperticato - le "liberalizzazioni" in esso contenute per alcuni specifici settori (libere professioni, farmacie e taxi). Dopo un più attento esame, tuttavia, ci si è accorti che lo stesso decreto comporta non irrilevanti "complicazioni" per i contribuenti.
Particolarmente fastidiosa è quella (contenuta nell'art. 37 del decreto) che prevede l'accensione di un apposito conto corrente bancario per tutti i professionisti e l'abolizione della possibilità di effettuate tramite banca i pagamenti IVA mediante il modulo F24 cartaceo, con conseguente obbligo di effettuare detti pagamenti on line (con effetto dal 1° ottobre 2006 - termine poi prorogato per i soli professionisti al 1° gennaio 2007: v. il recente D.P.C.M. 4 ottobre 2006, emanato - more solito - dopo che il termine di efficacia era già decorso).
E così, in un solo colpo, non soltanto i contribuenti dovranno sostenere - in aggiunta a quelli del commercialista - i costi che comporta l'accensione e la gestione di un nuovo conto corrente bancario, ma saranno anche costretti ad attivare un conto on line (con ulteriore aggravio di spese) mediante il quale effettuare i periodici versamenti dell'IVA. Le nuove "complicazioni" ovviamente non riguardano gli evasori, i quali si semplificano la vita non preoccupandosi nemmeno di chiedere una partita IVA per l'esercizio della loro attività professionale .
Va peraltro evidenziato che il legislatore non ha tenuto conto non solo degli ulteriori costi che vengono così addossati impropriamente ai contribuenti, ma anche delle complicazioni che, sotto il profilo meramente operativo, l' innovazione comporterà.
Essa infatti, nella parte in cui pretende solo un pagamento on line, presuppone che tutti i professionisti abbiano un collegamento ad internet e confidenza con i conti gestiti tramite il web. Ipotesi questa che spesso non si realizza: si pensi, ad es. ad un professionista anziano, il quale non ha il tempo nè la capacità di collegarsi ad internet.
Le statistiche dicono che meno del 40% dei professionisti italiani dispongono di un collegamento internet; il restante 60% dovrà arrangiarsi in qualche modo per rispettare le nuove disposizioni.
Qualcuno a questo punto obietterà che il pagamento potrà essere effettuato tramite il proprio commercialista. Ma l'obiezione non coglie nel segno, dato che la stragrande maggioranza - per non dire la totalità - dei commercialisti si rifiuta (anche per problemi di provvista, che dovrebbe essere costituita con congruo anticipo) di effettuare il versamento per conto del titolare di partita IVA.
Stupisce che gli ordini professionali, i quali hanno vivamente protestato per altre norme del decreto Bersani (quali quelle che prevedono l'abolizione dei minimi tariffari e la possibilità di pubblicizzare l'attività professionale), non abbiano speso molte parole per protestare contro questa innovazione che non esito a definire "odiosa", non solo perchè addossa al contribuente ulteriori oneri, ma anche (e direi soprattutto) perchè impone a tutti i titolari di partita IVA, anche se anziani e comunque non informatizzati ad attivare: 1) un nuovo conto corrente bancario; 2) un collegamento ad internet; 3) un servizio di home banking che consenta di pagare l'F24 on line.
Va infine considerato che il versamento on line dell'F24 dovrà essere effettuato personalmente dal titolare di partita IVA e non è delegabile nè ad un collaboratore nè alla segretaria, dato che un sistema di home banking consente non solo i pagamenti fiscali ma anche l'accesso ad una serie di funzioni (dalla lettura del saldo del conto con tutte le sue movimentazioni, all'esecuzione di bonifici a favore di terzi) molto delicate.
Colpisce comunque la filosofia di fondo che ispira la riforma: quella di trattare il contribuente come non solo un soggetto che deve già calcolare i tributi a sue spese, tenendo una non facile contabilità (e pagando all'uopo un ragioniere od un commercialista), ma anche come un soggetto-suddito che deve pagare ultizzando le modalità che più aggradano al fisco; tutto ciò senza tener conto degli ulteriori oneri (non solo economici) che gli si addossano in tal modo.
Insomma, piuttosto che snellire la burocrazia pubblica (anche erariale), si è pensato bene di aggravare ulteriormente gli adempimenti burocratici a carico dei contribuenti, imponendo loro non solo di aprire un nuovo conto corrente, ma adirittura di effettuare i pagamenti con modalità che non sono alla portata di tutti.
Nessuno peraltro si è degnato di spiegare al contribuente vessato le ragioni per le quali sono state previste le nuove (ed esclusive) modalità di versamento dell'IVA, atteso che il precedente sistema (l'F24 cartaceo pagato tramite banca) assicurava la percezione da parte dell'erario degli importi in tempo reale.
Non è comunque escluso che il nuovo sistema di pagamento degli F24 avrà paradossalmente l'effetto di rendere non così tempestivi i pagamenti, dato che diversi contribuenti, vuoi per scarsa conoscenza dei mezzi informatici, vuoi per errori compiuti nella digitazione, finiranno per effettuare versamenti invalidi. Il che aumenterà il già non irrilevante contenzioso.
Di contro, diversi artigiani e professionisti, a seguito delle nuove complicazioni, saranno indotti a dichiarare la cessazione dell'attività agli uffici IVA, finendo per ingrossare le fila del sommerso nel nostro paese.
Giovanni Virga, 14.10.2006.
Bari 15 ottobre 2006
AVVOCATO NO GLOBAL
Scenario sull’avvocatura italiana fra qualche anno, secondo le linee “di ammodernamento” derivanti dal Decreto Bersani con la paventata riforma, mediante eliminazione dell’ordine professionale, eliminazione tariffe e patto di quota-lite.
L’avvocato, non diversamente da una società commerciale, non è più soggetto a regole deontologiche ed etiche, ma ad una certificazione di qualità (che qualche studio all’americana già ha richiesto) secondo cui in base al possesso di certi requisiti – reclamizzati da simpatici spot pubblicitari- egli potrà esercitare o ottenere importanti incarichi, anche, come si sta profilando, mediante partecipazione a gare di appalto di “servizi legali”.
Per forza di cose, e per non sparire dal mercato, gli avvocati sono costretti ad associarsi in grandi ed enormi studi, con centinaia, se non migliaia di avvocati, dislocati in tutto il territorio nazionale –o anche all’estero- ove invero i soci titolari e soci capitalisti curano le pubbliche relazioni, procacciandosi gli incarichi, altri avvocati –che preparano gli atti- sono in realtà dei meri “dipendenti”, che fanno la gavetta nella speranza di divenire prima o poi “soci”, e quindi partecipare all’utile della società.Una vera e propria “globalizzazione” degli avvocati.
Se non ti associ, non raggiungi i requisiti di qualità, non hai pubblicità, né la puoi fare, in pratica non sei nessuno, nessuno ti conosce.
Il rapporto con il cliente è del tutto spersonalizzato.
Il cliente non sa chi si occuperà della pratica, affidata alla società-studio legale. Le tariffe, ovviamente, non esistono né al minimo, ma nemmeno al massimo: con il patto di quota-lite (percentuale sulla somma o bene ottenuto giudizialmente) al cliente, come succede negli Usa, spetta molto meno della metà della somma riconosciuta (30%), mentre lo studio-società si assume le spese del giudizio ed il rischio di perdere la causa, se vince ha diritto alla somma pattuita (in genere circa il 70%).
Se il cliente non accetta questa ripartizione, dovrà cercare un altro studio legale che accetta una percentuale minore; ma non sarà un “grande studio” e quindi avrà più possibilità di perdere la causa.
Il giovane avvocato, che secondo il Ministro Bersani dovrebbe avvantaggiarsi da questo sistema, in realtà dovrà tramite colloqui, curriculum e via dicendo andare a pietire a dette società-studio di essere assunto, ovviamente non come socio, con grave handicap nella professione, trovandosi prima di lui forse centinaia di giovani e meno giovani colleghi che cercano di scalare la gerarchia dello studio-società, per divenire “socio”.
Il giovane avvocato, come qualunque avvocato, anche anziano, che tenti da solo –senza associarsi- l’avventura di avviare uno studio, è destinato a sparire dal mercato, anche se applica la tariffa zero.
Gli studi degli avvocati, come le banche nell’epoca della globalizzazione, sono costretti ad agglomerarsi, a fondersi per poter rimanere sul mercato e competere con gli altri.
E’ questo quello che vuole il Ministro Bersani?
L’Avvocatura in Italia, ed il valore che ad essa appartiene, sia in termini etici, ma anche economici (si pensi a tutte le segretarie ed addetti cui danno lavoro, nonché a tutto l’indotto, tutto perso in caso di “globalizzazione”) non è né di destra, né di sinistra: se la si vuole modernizzare, come è giusto che sia, lo si deve fare razionalmente, affrontando i veri problemi e non già con una globalizzazione-americanizzazione selvaggia e imposta con decreto-legge e fiducia, atteggiamento degno di un regime totalitario, non certo di un governo “democratico” di centro sinistra.
L’atteggiamento del Ministro Bersani, che pure reputo una persona ragionevole e forse animato da sincero spirito innovatore, però è sembrato –oltre che di chiusura ad oltranza sull’argomento- di grande impreparazione ed improvvisazione sull’argomento, senza che abbia minimamente approfondito in che realtà egli cala dall’alto del suo Ministero le riforme anzidette.
Non ci si venga a dire che non vi è concorrenza tra gli avvocati, in Italia sono più che in ogni parte del mondo.
Mi sono chiesto, poi, se il Ministro Bersani, allorquando ha ritenuto che, per favorire i giovani, andassero abolite le tariffe minime, abbia dato un’occhiata a dette tariffe. Nel minimo esse sono così basse, soprattutto in relazione al valore della causa, che rappresentano già un valore increscioso ed assolutamente non dignitoso per qualsiasi professionista anche il più giovane.Autorizzando la diminuzione di tali tariffe Egli non ha favorito i giovani avvocati, ma li ha decisamente danneggiati.
Ma, alla fine, quello che mi sento di contestare dal più profondo è la volontà di scopiazzare i sistemi anglo-sassoni, non tenendo conto che, indipendentemente dagli avvocati e dall’Avvocatura, è la stessa collettività in cui operiamo che non accetta la figura dell’avvocato spersonalizzato come in America.
Qui, soprattutto nel nostro Meridione, ma anche in importanti studi romani e milanesi, -atteso che in Italia abbiamo principalmente piccole e medie imprese di carattere familiare- il rapporto con il cliente è fiduciario, all’Avvocato si dice tutto: è quasi un confessore, un amico; ho notato che il cliente, a volte si fida prima di tutto per questo, e non solo per la preparazione.
Se un avvocato è un amico, se non è in grado di seguirti, ti dice lui a chi rivolgerti, ad un altro amico più preparato.Le tariffe già da tempo hanno valore relativo, sia che vinci, sia che perdi una causa, salvo che si litighi.
Come facciamo a dire al Ministro Bersani che qui c’è gente, come mi raccontano i Colleghi di provincia, che ti paga ancora in natura, con capponi e frutta, altro che tariffe.Tuttavia si tratta di gente sincera, che ritiene così di aver largamente adempiuto ai suoi oneri.
Le riforme volute dal Ministro Bersani, viceversa, sembrano tener conto solo di quel mondo commerciale-internazionale-affaristico-capitalistico dove circolano milioni-miliardi di euro.Epperò è forse utile ricordare che la stragrande maggioranza degli avvocati non ha sfortunatamente quella clientela.
Non mi risulta, eppure frequento anche le magistrature superiori, che addirittura importiamo avvocati dall’Estero.Vedo invece che avviene il contrario, ovvero che avvocati stranieri si rivolgono ad avvocati italiani quando devono adire una Corte italiana.
Perché, invece, il Ministro Bersani e quello della Giustizia non pensano, per aiutare i giovani, a finanziare ad esempio corsi di formazione all’interno di studi legali (che sono l’unico posto dove veramente si impara la professione), cosicchè essi siano accolti senza oneri e senza sfruttamento in detti studi?
Devo invece rilevare che detto decreto Bersani, viceversa, favorisce solo i grandi studi all’americana, alla top legal, e soprattutto ne avranno giovamento solo i “soci” titolari, mentre gli altri sono destinati ad essere comparsisti a vita, costretti ad accontentarsi delle briciole, poiché anche se vinceranno una causa gli utili andranno ai “soci” e non certo al giovane avvocato.
Così come devo rilevare che nessun vantaggio ha il “consumatore”, nuovo soggetto dominatore del mercato e delle simpatie politiche. Per gli avvocati, però, il consumatore del servizio legale è pur sempre il cliente, il quale non se ne importa molto delle tariffe: vuole vincere la causa e per questo è disposto a pagare. Il problema è che non è dignitoso non essere pagati quando si perde una causa e può venir meno il rapporto fiduciario: è li che servono i minimi.Abolirli è un errore per tutti.
Non ho visto peraltro i “consumatori” protestare per l’aumento ingiustificato nel decreto Bersani ad € 500,00 di iscrizione a ruolo per ogni causa quale che sia dinanzi al Tar: sicchè se devo impugnare una sanzione edilizia di € 200,00 devo però prima versare il tributo di € 500,00. E’ possibile? E’ così che si avvantaggiano i consumatori-utenti del sistema giustizia? Non mi pare.
Conclusivamente non avrei mai pensato di aderire alle ideologie “no global”, ma tant’è e invito i Colleghi avvocati a farsi promotori di questa nuova tendenza.
Avv.Nicolò de Marco. Bari
Scritto da: Avv.Nicolò de Marco | 15 ottobre 2006 a 12:50
complimenti ministro una bella stronzata che aggrava i costi di gestione di chi come me tira a campare col poco che guadagna
Scritto da: Mauro | 18 gennaio 2007 a 15:14