Quel che mi sembrava talmente assurdo da apparire inverosimile, alla fine è diventato vero.
Una decina di giorni fa un lettore della rivista LexItalia.it aveva segnalato, con apposita email, che era intenzione del Governo di innalzare ulteriormente il contributo unificato atti giudiziari (giù aumentato da 360 euro a 750 euro con il decreto Bersani del luglio scorso e poi portato a 500 euro in sede di conversione) per alcuni ricorsi innanzi ai TT.AA.RR.
Avevo deciso di non dare la notizia, tanto mi sembrava inverosimile.
Ed invece, come ulteriormente segnalato da altro lettore, in quel guazzabuglio di norme che è il maxi-emendamento recentemente approvato del Senato - vero e proprio vaso di Pandora pieno di tasse e balzelli vari - vi è anche un comma che finisce per prevedere un ulteriore innalzamento del contributo unificato ad appena pochi mesi di distanza dal precedente aumento.
Recita infatti il comma 1311 del maxi-emendamento approvato dal Senato (v. ora il comma 1307 della legge finanziaria pubblicata nella Gazzetta Ufficiale - L. 27 dicembre 2006, n. 296) che:
All’articolo 13, comma 6-bis, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, alla fine del primo periodo, dopo le parole: "euro 250", sono aggiunte le seguenti: "; per i ricorsi previsti dall’articolo 23-bis, comma 1, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nonché da altre disposizioni che richiamano il citato articolo 23-bis, il contributo dovuto è di euro 1.000; per i predetti ricorsi in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture, nonché di provvedimenti delle Autorità, il contributo dovuto è di euro 2.000.
Non appena tale comma sarà approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati e la legge finanziaria entrerà in vigore (e quindi, prevedibilmente, dal 1° gennaio 2007), chi proporrà un ricorso in materia di appalti di oo.pp., di servizi o di forniture, ovvero avverso un provvedimento di una Autorità amministrativa indipendente, qualunque sia il valore della controversia, dovrà versare preventivamente all’erario pubblico la somma di euro 2.000 (pari a 4.000.000 di lire circa).
Chi invece vorrà passarsi il lusso (è ormai il caso di dire) di impugnare innanzi al TAR un provvedimento di espropriazione di p.u., anche se riguardante un fazzoletto di terra, ovvero gli altri provvedimenti indicati dall’art. 23 bis della L. TAR (procedure di affidamento di incarichi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse; provvedimenti relativi alle procedure di privatizzazione o di dismissione di imprese o beni pubblici, nonché quelli relativi alla costituzione, modificazione o soppressione di società, aziende e istituzioni ai sensi dell’articolo 22 della legge 8 giugno 1990, n. 142; provvedimenti di nomina, adottati previa delibera del Consiglio dei ministri ai sensi della legge 23 agosto 1988, n. 400; provvedimenti di scioglimento degli enti locali e quelli connessi concernenti la formazione e il funzionamento degli organi) dovrà corrispondere un contributo unificato pari a 1.000 euro (corrispondente a circa 2.000.000 delle vecchie lire).
Il contributo, non è inutile sottolinearlo, dovrà essere corrisposto per ciascuna fase del giudizio; e così, ad es., nel caso di una gara di appalto, dovranno pagarsi 4.000.000 di lire circa per il ricorso innanzi al T.A.R. ed altre 4.000.000 di lire circa per l’eventuale appello, per un totale di lire 8.000.000.
Va altresì rilevato che, con palese disparità di trattamento rispetto a quanto previsto per la giustizia ordinaria, il contributo unificato non va commisurato al valore della causa, ma va pagato per intero e nella misura massima stabilita per la semplice appartenenza del ricorso ad una delle materie previste dall’art. 23 bis della L. T.A.R.
Secondo taluni l’innalzamento abnorme del contributo unificato per le controversie ex art. 23 bis L. T.A.R. sarebbe stato suggerito da qualche magistrato amministrativo vicino al Governo, il quale avrebbe consigliato tale innalzamento non solo per fare cassa, ma anche per diminuire il contenzioso in materia di appalti.
Io personalmente credo che l’innalzamento del contributo sia la contropartita che è stata volentieri offerta per ottenere un aumento degli organici del personale di segreteria.
Il sospetto è rafforzato dal fatto che, poco dopo il comma 1311 del maxiemendamento, vi è un ulteriore comma (il 1313) che così recita:
Per fronteggiare specifiche esigenze organizzative e funzionali, il Consiglio di Presidenza della Giustizia Amministrativa definisce per l’anno 2007 un programma straordinario di assunzioni fino a 50 unità di personale appartenente alle figure professionali strettamente necessarie ad assicurare la funzionalità dell’apparato amministrativo di supporto agli uffici giurisdizionali, con corrispondente incremento della dotazione organica. All’onere derivante dall’applicazione del presente articolo, pari a 2,020 milioni di euro a decorrere dall’anno 2007, si provvede mediante corrispondente utilizzo di parte delle maggiori entrate recate dalle disposizioni di cui all’articolo 1, ai commi 306, 307 e 308 della legge 30 dicembre 2004, n. 311, che a tal fine sono detratte dall’ammontare delle riassegnazioni allo stato di previsione del Ministero della giustizia e allo stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per le spese riguardanti il funzionamento del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali, ai sensi del successivo comma 309.
Quali che siano le motivazioni che hanno portato all’abnorme aumento, sta di fatto che esso, sotto vari profili, sembra incostituzionale, sia perchè limita l’accesso alla giustizia, consentendolo solo a coloro che possono permettersi il lusso di pagare (anche per controversie riguardanti appalti di piccolo importo) per ciascuna fase del giudizio circa 4.000.000 di lire, sia per la palese disparità di trattamento rispetto alla giustizia ordinaria, dato che non si tiene in alcun conto del valore della controversia, fissando il contributo unificato nelle misura massima indipendentemente dal valore.
Non comprendo perchè quasi tutti si sono stracciati le vesti ed hanno gridato allo scandalo per il fatto che, con il maxiemendamento, si è tentato di accorciare il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa, mentre finora nessuna voce si sia levata per protestare fermamente contro questo ulteriore balzello che finisce per limitare (per ragioni di censo) l’accesso alla giustizia.
I problemi della giustizia amministrativa e del suo rilevante arretrato, in ogni caso, non possono essere risolti imponendo un ulteriore (onerosissimo) balzello, che finisce per trasformare quello che in origine era previsto come un sistema di tutela del cittadino nei confronti dei possibili soprusi della P.A., in un sistema basato sul censo di chi propone la controversia.
E’ da auspicare che nel già preannunciato decreto legge “correttivo” degli errori commessi tramite il maxiemendamento sia inserita una norma che, oltre ad abrogare la riduzione del termine di prescrizione dell’azione di responsabilità, cancelli anche questo ulteriore (abnorme) incremento del contributo unificato, disposto a pochi mesi di distanza dall’aumento già previsto dal c.d. decreto Bersani.
Confido nella protesta degli avvocati che hanno a cuore il futuro non solo della loro professione, ma anche del sistema di giustizia amministrativa, il quale si accinge a diventare un tipo di giustizia per pochi.
Anche quest’ultima modifica del contributo unificato tradisce (come le precedenti novità, come quelle secondo cui occorre accendere un conto corrente separato per lo studio, effettuare i versamenti periodici mediante un conto corrente on line, ecc.), il disegno degli attuali governanti, i quali sembrano voler fare sparire i piccoli studi legali, che costituiscono tuttavia - specie al sud - una realtà diffusa, che svolge anche una funzione sociale, per sostituirli con i grandi studi che assistono grosse società; per queste ultime infatti il pagamento di un contributo unificato pari a 4.000.000 di lire circa non costituirà affatto un problema.
In tal modo, tuttavia, la libera professione, diviene sempre meno libera e l’accesso alla professione delle nuove leve, che pur a migliaia affollano i concorsi, non diviene affatto semplice.
Il Governo continua a presentarsi come un moderno Robin Hood, che toglie ai ricchi per dare ai poveri; con la nuova modifica del contributo unificato tuttavia sembra un Robin Hood al contrario, che toglie ai poveri perfino la possibilità di ottenere giustizia. Siamo ben lontani dall'esempio classico del mugnaio di San-Souci, che esclamava spavaldamente: ci saranno pure giudici a Berlino! I giudici a Roma continueranno ad esserci, con le loro rafforzate segreterie: peccato che per accedere ad essi bisognerà pagare (tra primo e secondo grado) almeno 2.000 euro, destinati a salire a 4.000 euro per gli appalti.
Giovanni Virga, 18.12.2006.
C'é un'unica parola che mi viene in mente: vergogna.
Scritto da: Avv. Andrea Zanetti | 19 dicembre 2006 a 09:37
Per i piccoli l'unica speranza ormai è il ricorso straordinario, quando è ammesso ...
Scritto da: avv. Cino Benelli | 19 dicembre 2006 a 10:13
Mi pare che il Governo con questa norma voglia una giustizia di classe.
Scritto da: Sebastiano Di Francesco | 19 dicembre 2006 a 10:52
Nel condividere le critiche portate al nuovo regime sul Contributo Unificato, vorrei soffermarmi sulle ragioni che sembrerebbero essere state addotte per giustificarlo.
Le ragioni di questo nuovo aumento sarebbero, dunque, le seguenti:
1) da un lato, si dice che le cause disciplinate dall'art. 23 - bis sono sottoposte ad un
rito accelerato, rispetto a tutte le altre. La velocità del giudizio, dunque, si paga.
2) i quattrini che affluiranno nelle casse dello Stato serviranno ad assumere nuovi giudici
amministrativi o nuovo personale di segreteria.
Entrambe le giustificazioni sono capziose.
È vero che la legge prevede un rito accelerato per le cause in materia di espropriazioni e
appalti: esse addirittura, dovrebbero essere decise entro tre mesi. Ma questo, nella realtà,
non avviene, perché raramente il Giudice rispetta questi termini.
In secondo luogo, la maggior velocità del giudizio va paragonata a quella del rito
ordinario, che, come sappiamo, è tendente a zero. Questo evidenzia, dunque, che i
500 euro che si continuano a pagare per le cause ''non 23 bis'' sono di fatto regalati allo
Stato, visto che l'udienza è fissata quando ormai della causa importa poco a tutti, sì da avviarsi a una pietosa perenzione decennale.
In terzo luogo, occorre anche ricordare perché le cause disciplinate dall'art. 23 - bis
dovrebbero essere più veloci. E qui si deve chiarire che tale accelerazione non è stata
prevista per favorire il ricorrente, ma per favorire l'Amministrazione che resiste. Poi, per
compensare una minor tutela che il ricorrente ha, per questo tipo di cause, in sede cautelare
e di sospensiva.
Si è detto: per favorire l'Amministrazione resistente. Infatti, se l'impugnazione di
un'espropriazione o di un'appalto venisse decisa dal Giudice a distanza di molti anni, non si
potrebbe più tornare indietro e restituire il bene al cittadino espropriato o affidare
l'appalto all'impresa ingiustamente scavalcata. Infatti, nel frattempo l'opera è stata fatta
e sul campo di patate del cittadino corre ormai la nuova tangenziale.
In questi casi, l'ente pubblico è costretto a risarcire il danno (con rivalutazione e
interessi) a chi non aveva potuto ottenere tempestiva giustizia. Dunque: il rito accelerato serve per prima cosa a evitare alla pubblica Amministrazione di pagare danni
troppo ingenti.
Inoltre, in questo tipo di cause, la legge prevede che sia più difficile ottenere la
sospensiva del provvedimento, nelle c.d. more del giudizio: proprio perché non si vogliono
fermare le opere pubbliche. Infatti, la sospensione viene rilasciata solo se il ricorrente
dimostra che l'esecuzione del provvedimento impugnato (l'esproprio, l'aggiudicazione della
gara d'appalto) causa un danno eccezionale.
Se, dunque, il rito accelerato è previsto nell'interesse della pubblica Amministrazione e per
compensare una minor tutela cautelare, perché mai il cittadino deve pagare un sovrapprezzo?
Ma è capzioso anche sostenere che gli aumenti del C.U. serviranno ad assumere nuovi giudici.
Non che non ce ne sia bisogno, beninteso: i T.A.R. e il Consiglio di Stato sono notoriamente
sotto organico (anche perché molti magistrati sono distaccati nei gabinetti dei Ministeri:
questo è un altro discorso su cui bisognerebbe riflettere perché emergerebbero tanti aspetti
discutibili). Ma il fatto è che l'aumento del C.U. diminuirà assai il contenzioso nel suo
complesso. E allora che bisogno ci sarà di nuovi giudici?
Ma il sospetto è che queste siano solo le ragioni formali: quelle cioè da esibire al pubblico. Temo, invece, che la ragione vera, ma non detta, sia quella di disincentivare il ricorso alla giustizia amministrativa.
Se così fosse, vi sarebbe da preoccuparsi ancora di più.
In primo luogo perché tale ticket di accesso grava proporzionalmente di più sui soggetti economicamente più deboli. Eppure nei Tribunali si legge ancora che ''la legge è uguale per tutti''.
In secondo luogo, perché non dobbiamo dimenticarci che la possibilità di contestare gli atti dell'autorità pubblica davanti ad un giudice (quale esso sia) è alla base della trasformazione dello Stato assoluto nello Stato di diritto e della trasformazione del suddito in cittadino.
Scritto da: francesco volpe | 19 dicembre 2006 a 10:56
Dopo averla invocata per tanti anni ci siamo: la fantasia è finalmente arrivata al potere; non solo, possiamo dire che non ci è arrivata da sola, bensì con una buona dose di ipocrisia.
Non riesco ad andare oltre questa triste metafora per commentare uno stato di totale degrado della politica giudiziaria in Italia.
Se ci sono troppi detenuti, prima si depenalizzano i reati (dei colletti bianchi), e se non basta con l'indulto svuotiamo le carceri.
Se i processi civili sono troppo lunghi si approvano norme che strutturalmente li allungano e a destra e a manca promettiamo di mantenere aperti anche i Tribunali con 300 procedimenti civili all'anno.
Se la giustizia amministrativa arranca aumentiamo il contributo unificato così svolgiamo un'azione deterrente a monte e la PA potrà adottare anche atti illegittimi tanto, visti i costi di accesso, il rischio che siano impugnati sarà sempre minore e sempre maggiore, invece, il rischio che le illegittimità proliferino.
Se sempre più funzionari e politici commettono fatti illeciti produttivi di danno per lo stato e per la collettività facciamo in modo di ridurre i tempi che lo Stato ha per accertare le responsabilità e condannare i colpevoli (ma siamo proprio sicuri che lo stato li voglia condannare ??).
Certo che per chi fa la professione di avvocato basterebbe solo decidere con chi stare e potrebbe alla fine dire che comunque ha vinto.
Vabbè rimane l'etica professionale, i valori, i principi costituzionali e tante altre belle cose rispetto alle quali si può sempre fare volontariato.
Scritto da: avv. antonio sette | 19 dicembre 2006 a 15:39
Se non altro ora varrà la pena di sollevare la q.l.c. per la disparità di trattamento rispetto alla giustizia civile.
Scritto da: Piero Franceschi | 19 dicembre 2006 a 20:21
Fermo restando quanto avevo già segnalato un paio di giorni fa al Direttore di questa Rivista, condivido pienamente anche nel merito tutte le critiche, anche di natura costituzionale, mosse a questa nuova forma di Giustizia-Fisco.
Purtroppo però siamo di fronte ad un atto incostistuzionale di fatto incensurabile: se non vado errato per adire in via incidentale la Consulta servono, a monte, almeno due requisiti ovvero un atto da impugnare dinnanzi al G.A. e la rilevanza della q.l.c. ai fini della risoluzione della controversia. Ma, almeno qui nel Veneto, accade che senza la prova del contributo integralmente versato (la stessa situazione si era verificata lo scorso agosto con la conversione del decreto Bersani) la Segreteria del TAR non accetta il ricorso, non fissa l'udienza cautelare, non permette l'instaurazione del processo. In questo stato mi sembra quindi un pò difficile sollevare la q.l.c. Mi auguro, a questo punto, che nel resto d'Italia valga una prassi in bonam partem...
Scritto da: filippo cazzagon | 20 dicembre 2006 a 10:03
La Camera Amministrativa Distrettuale degli Avvocati di Lecce, Brindisi e Taranto
denunzia
la gravità della disposizione contenute nel comma 1307 della legge finanziaria 2007, nella versione approvata dal Senato ed attualmente all’esame della Camera, che aumenta il contributo unificato dei ricorsi al TAR, già aumentati da € 340,00 ad € 500,00, ad € 1.000,00 in via generale ed a € 2.000,00 per i ricorsi in materia di appalti di opere pubbliche di servizi e forniture, indipendentemente dal valore della controversia.
Tale abnorme aumento del contributo viola fondamentali principi costituzionali in quanto limita l’accesso alla giustizia amministrativa soprattutto delle fasce più deboli dei cittadini e crea una disparità di trattamento rispetto alla giustizia ordinaria poiché non tiene conto del valore della controversia.
A legittimare l’innalzamento del contributo non serve la previsione dell’utilizzo di una parte delle maggiori entrate per l’aumento degli organici del servizio di segreteria atteso che i problemi organizzativi del servizio giustizia non possono risolversi attraverso una limitazione della tutela del cittadino nei confronti dei possibili abusi della pubblica amministrazione.
Gli avvocati della Camera Amministrativa di Lecce, Brindisi e Taranto
IMPEGNANO
i parlamentari salentini a richiedere la modifica della disposizione e l’abolizione dell’aumento del contributo unificato anche eventualmente attraverso il già preannunciato decreto legge “correttivo” della legge finanziaria.
Presidente Camera Amministrativa di Lecce, Brindisi e Taranto - Avv. Pietro Quinto
Scritto da: avv. Pietro Quinto - Presidente Camera Amministrativa di Lecce, Brindisi e Taranto | 20 dicembre 2006 a 18:58
Insisto nel segnalare a tutti Colleghi come il Governo con un provvedimento al mese ci stia conducendo alla globalizzazione e americanizzazione selvaggia degli studi legali.L'aumento spropositato del contributo unico, e secondo me c'è da aspettarsi ancora un graduale aumento, si colloca perfettamentamente nella logica del costringere uno studio legale ad atteggiarsi come impresa.Il grande studio-impresa, come negli Usa, si carica su di se tutte le spese di giudizio, anche se può perdere la causa e compresa l'iscrizione a ruolo; se vince, grazie al patto di quota lite, però,potrà chiedere al cliente anche oltre il 50% dell'utilità derivante allo stesso.
Si tratta di impresa in tutti sensi ivi compreso il rischio e l'alea di perdere un giudizio, che si traduce in una perdita secca, e nella possibilità del fallimento dello studio-società se perde le cause.
Nello stesso tempo, però, adesso assisteremo a studi legali che potranno pubblicizzare un patto con il cliente come quello descritto (vieni da me, ti pago le spese anche se perdi, non perdi nulla, puoi solo vincere...etc.).
E' chiaro che più è alto il contributo, più gli avvocati saranno costretti ad associarsi, non potendo i costi ed i rischi cumularsi su un unico avvocato.
Pensiamoci,
Scritto da: Avv.Nicolò de Marco | 20 dicembre 2006 a 20:51
l'aumento del contributo unificato oltre che gli aspetti sollevati dai miei colleghi - che condivido pienamente - finisce altresì per riproporre un modello di giustizia amministrativa che si sperava ormai superato. Infatti la introduzione di un rimedio così altamente disincentivamte proprio nelle materie in cui è più alto il contenzioso tra pubblica amministrazione e operatori privati significa, di fatto, reintroduttre una posizione privilegiata della pubblica amministrazione la quale sarà ancor meno incentivata a tenere codotte virtuose e legittime, vedendosi meno soggetta al controllo giurisdizionale. Con particolare riferimento al settore degli appalti la introduzione di un contributo unificato di 2.000 euro determinerà sicuramente una riduzione dei ricorsi per le gare di più modeste dimensioni; questo effetto insieme con la norma che non consente - per i soli affidamenti nell'ambito delle cd opere strategiche - la negazione della sospensiva laddove sia stato stipulato il contratto di appalto, finisce per ampliare enormemente l'area di impunità della amministrazione riducendo in ambiti sempre più angusti lo spazio per un sindacato giurisdizionale sull'operato della pa che a questo punto, riguarderà solo gli appalti di maggiori dimensioni non inseriti tra le opere strategiche. Credo che una norma siffatta oltre che anticostituzionale sia anche contraria ai principi di libera concorrenza: mi pare sia del tutto inutile imporre criteri di selezione e regole di gara necessarie a garantire l'accesso anche alle imprese di minore dimensione se poi, di fatto, le stesse imprese non sono messe in condizione di proporre azioni giudiziarie contro la violazione delle medesime norme.
Avv. Dover Scalera
Scritto da: dover scalera | 02 gennaio 2007 a 12:24
Appello a tutti i colleghi!
Ma insomma, la vogliamo sollevare o no la questione di illegittimità costituzionale!!??
Mi chiedo e vi chiedo:il nostro consiglio nazionale cosa sta facendo per cercare di risolvere la questione?
Credo che sia comune a tutti noi il problema della piccola ditta o della media impresa che chiede informazioni sulla presentazione di un ricorso avverso un'aggiudicazione di un appalto e poi si tira indietro appena conosce il nuovo ammontare del contributo unificato!
Scritto da: Giovanni Scarpino | 02 marzo 2007 a 12:15
Penso che fare emergere il problema nelle sedi appropriate sia la cosa più difficile. L'argomento, che sembra di poco conto, rappresenta per me piccolo imprenditore, il punto di ritorno al clientelismo sfrenato degli anni passati. Tra il rischio di perdere la causa (non so le %, ma vedo a volte delle decisioni che mi fanno rabbrividire), quello di vincerla con compensazione delle spese di giudizio (ormai prassi nella giustizia amministrativa) e magari non poter avere neppure l'appalto, oltre che l'esistenza di soli due gradi di giudizio (anche se spenderne 6.000 sarebbe ancora peggio), la scelta ovvia è quella di non fare alcun ricorso con una speranza che nel tempo si affievolirà sempre di più al crescere della consapevolezza da parte dei funzionari di turno della onnipotenza.
Scritto da: Carlo | 05 marzo 2007 a 19:31